Intervista a Gianfranco Preverino

Ecco l’intervista del nostro Gennaro Filomene a Gianfranco Preverino.

Come ti sei avvicinato al mondo dell’arte Magica?

È stato un percorso un po’ a singhiozzo. La prestigiazione fu uno dei miei primi interessi da bambino, tuttavia a quel tempo il close-up non era mostrato dalla TV italiana e così credevo, sbagliando, che la magia con le carte non fosse considerata un settore “nobile” della prestigiazione.

L’unica mia grande passione divenne così la musica anche se, intorno ai vent’anni, passavo una o due sere la settimana a “giocare” a poker. Poi, nel 1997, vidi Paviato in TV e venni a sapere dell’esistenza della micromagia, così decisi di affrontare seriamente lo studio della prestigiazione, fino a farla diventare la mia prima attività; la musica ora è il mio hobby.

Il ricordo più bello che hai della tua esperienza da prestigiatore.

Fortunatamente ce ne sono parecchi. Provo a isolarne tre.

Il primo corrisponde a quando sono stato invitato a far parte del gruppo di Escorial. Era il 2000 e facevo magia da soli tre anni. Tamariz la sera comunicò che i primi relatori quell’anno sarebbero stati gli italiani, così mi sono trovato ad inaugurare l’incontro di quell’anno di fronte ai migliori cartomaghi al mondo: andò tutto bene… ma un po’ di tensione c’era.

Il secondo è stato il debutto del mio spettacolo sui bari e il gioco d’azzardo (Il baro in scena). Si trattava di una scommessa con me stesso, riuscire a fare uno show tutto su quel tema, e la risposta del pubblico è stata la più bella soddisfazione che mi potessi aspettare.

Il terzo è a sua volta multiplo (sto barando, lo so!) e corrisponde alla pubblicazione di ogni mio libro.

Quali sono i maghi famosi o meno che più hanno influenzato il tuo modo di fare Magia?

Ce ne sono tanti, ma senza dubbio direi Paviato, Giobbi e Tamariz, ognuno per motivi diversi. Ma anche al di fuori della prestigiazione ci sono artisti che ammiro e da cui cerco di trarre qualche insegnamento; per fare qualche nome: i Beatles, Pat Metheny, Debussy, René Magritte, ma anche Hitchcock, Richard Dawkins, Jorge Luis Borges e Bobby Fischer.

Quale aspetto della nostra arte preferisci?

Forse la cosa che mi piace di più è proprio il fatto che la nostra sia un’arte multidisciplinare, quindi va studiata la tecnica, ma anche la comunicazione, la psicologia, la messinscena. Diciamo che in questo momento ricevo molte soddisfazioni dalla mia ricerca creativa.

Quali sono i tuoi progetti futuri?

Attualmente sto mettendo a punto un numero di cartomagia della durata di 20 minuti, perché sono stato ingaggiato per esibirmi al Magic Castle di Hollywood, quindi devo prepararmi perché a maggio dovrò eseguire quel numero 28 volte (quattro volte al giorno per una settimana).

Che consiglio daresti ad una persona che vorrebbe intraprendere lo studio di questa arte?

Di metterci passione e dedizione senza porsi già dei traguardi da raggiungere, solo quando si sarà acquisito un certo grado di conoscenza e di esperienza si potrà lavorare per degli obbiettivi specifici.

Inoltre, consiglio di studiare qualsiasi cosa, anche se non sembra attinente alla prestigiazione. Soprattutto se si fa magia “parlata” bisogna avere un minimo di cultura in campi diversi. Per esempio, quando un adolescente mi chiede cosa studiare per fare cartomagia, gli rispondo che parlare italiano correttamente è importante quanto sapere eseguire certe manipolazioni in modo impeccabile.

Senza voler diventare degli accademici della crusca, è bene sapere che nessun pubblico attribuisce autorevolezza a un esecutore incerto nel linguaggio, qualunque sia la sua abilità manuale.

Doppia domanda bonus: Ti senti più un baro o più un prestigiatore?

Ovviamente più un prestigiatore, perché ormai l’arte del barare la porto in scena e non più nelle vere partite a poker e, in ogni caso, anche il “giocatore” non l’ho mai fatto a tempo pieno com’è invece per me l’attività del prestigiatore.


Da grande conoscitore dell’arte del gambling, chi ha associato per la prima volta quest’ultima arte alla magia, e tu quando hai capito che avresti potuto fare lo stesso?

Probabilmente la prima dimostrazione di gioco d’azzardo pubblicata risale al 1593, anno in cui Horatio Galasso (che era di origine campana!) pubblicò a Venezia il suo libro Giochi di carte bellissimi di regola e di memoria, dove si legge di un modo per trasformare le carte con l’intento di dimostrare di poter vincere a primiera.

Il mondo della prestigiazione si è sempre interessato a quello dei bari, sia per adottare alcune tecniche e astuzie in ambito magico, sia per rappresentare in modo “teatrale” il lavoro di un truffatore al gioco.

Che avrei potuto (o dovuto) approfondire l’argomento l’ho capito a poco a poco. Leggendo i libri di cartomagia sono sempre stato attirato anzitutto dalle dimostrazioni di gioco, poi ho cominciato a catalogarle in base all’effetto che presentavano, oppure a modificarle secondo la mia personalità, e quindi ho poi pubblicato Il re dei bari, che raccoglieva in modo selezionato anni di ricerca sull’argomento. Ragionando ho poi capito che avevo una fortuna: non dovevo forzare la mia natura per trovare un mio stile personale e per creare uno spettacolo originale; mi bastava portare in scena me stesso, i miei interessi e (in fondo) una parte della mia gioventù.

L’insegnamento quindi è semplice: prima di cercare uno stile da portare in scena o addirittura un personaggio fittizio da recitare, cerchiamo di capire noi stessi, perché più seguiremo la nostra personalità e più il risultato sarà genuino.

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